In residenza dal 24 al 31 luglio 2024 presso il polo di Novoli – Lecce e presso il polo di Taranto
Recisa è una performance immersiva che si pone lo scopo di osservare e osservarsi nel rapporto con la natura. Racconta di due sorelle che decidono di compiere un rito di ricongiungimento con la loro madre defunta, incarnata dalla figura archetipica di madre terra, sovrapposta a quella di una madre carnale e biologica. Durante il rituale le due sorelle provano a ricucire il filo vitale che le lega alla loro madre primigenia, ratificando il passaggio da essere animato, umano o vegetale che sia, a status di antenato, in un tentativo ultimo di elaborarne l’assenza.
Genesi e riflessione
L’idea di questa performance nasce da una profonda curiosità e fascinazione per le piante. Nell’estate 2023 iniziamo a raccogliere informazioni sul mondo vegetale. Diverse le letture che ci accompagnano: La mente delle piante di Umberto Castiello, Come pensano le foreste di Eduard Kohn, Vita delle piante e Metamorfosi di Emanuele Coccia e La foresta nascosta di David George Haskell. L’indagine verte sui loro meccanismi percettivi, sulla loro interazione coi simili e l’atmosfera, un mondo invisibile si rivela ai nostri occhi: esse hanno un linguaggio, una memoria, dei sensi che permettono loro di percepire lo spazio che le circonda, competono per la sopravvivenza, ma sono anche in grado di aiutarsi in caso di pericolo, giocando d’anticipo e comunicando.
Successivamente la ricerca inizia ad osservare il rapporto tra essere umano e natura. Un ultimo dato che riguarda la nostra contemporaneità ci fa rabbrividire: il 15 febbraio 2021 il peso di materiali sintetici prodotti dagli umani ha superato il peso della vita sulla terra (somma ottenuta addizionando il peso di piante, animali, uomini). Questa informazione ci pone di fronte ad uno scenario in cui evidentemente l’essere umano si colloca al di fuori della natura, in una posizione di vantaggio che gli permette di dominarla, guardarla da fuori, modificarla, come un deus ex machina. Come il figliol prodigo decidiamo di diventare assenti allo spazio circostante, smettiamo di guardare, recidiamo ogni contatto con l’origine. Ma tutto quello che viene tagliato e lasciato indietro, rimane nell’aria? Modifica i corpi e le menti in larga scala ? La ferita da taglio si rimargina, e la cicatrice resta, da qualche parte?
In seguito ci interroghiamo sul nostro personale rapporto con la natura, come si collocano in tutto questo Dora, Letizia e Lea. Tra di noi emerge un senso di mancanza, come di orfanità, manca il contatto con la terra intesa non solo come ambiente naturale, habitat di discendenza imprescindibile dell’umano, ma anche luogo di provenienza, fattore generatore fondamentale della nostra identità di essere. Abbiamo perso le nostre radici, forse per lo spostamento verso la città, o forse per le continue migrazioni di cui siamo artefici, nel tentativo paradossale di ricreare un luogo che possa essere definito casa, altrove.
Esauste dei ritmi asfissianti che la società impone, nutriamo nostalgia per un tempo naturale, fatto di attesa, lentezza, trasformazione, ciclicità, in stretta interdipendenza con l’atmosfera circostante. Ricerchiamo un senso perduto di animalità, di corpo con una mente e non viceversa, di sensi attivi non annichiliti da schermi luminosi. Di frutti colti dall’albero e mangiati nella loro stagione. La riflessione ha condotto poi la ricerca verso la relazione con la madre, assimilando il vuoto che lascia la perdita di un figura che prodiga l’affetto mortale, con il vuoto che resta dopo la recisione delle proprie radici.
Il tentativo è quello di riallacciare il legame con il mondo naturale, di recuperare il filo malmesso che conduce all’origine, in quell’origine cercarsi e, forse, ritrovarsi.
Letizia Cartolaro, attrice
Cresce salentina, ma diventa emiliano-romagnola per studio. Prima il triennio nella scuola di ERT Emilia Romagna Teatro, dove debutta con lo spettacolo diretto da Simone Toni, Sogno di una notte di mezza estate, poi frequentando il corso di Alta Formazione sulla voce e sul suono Malagola, diretto da Ermanna Montanari ed Enrico Pitozzi. Recita in due film, di cui l’ultimo presentato nella sezione Orizzonti al Festival di Venezia 2022, “Ti mangio il cuore”. Nel 2024 frequenta il corso di Alta Formazione “Scrivere sulla scena” con Daria Deflorian presso ERT (Emilia Romagna Teatro).
Dora Macripò, attrice
Pugliese di origine si trasferisce a Roma nel 2016 per studiare recitazione all’Accademia Nazionale d’Arte drammatica Silvio d’Amico, si diploma a dicembre del 2019 con lo spettacolo “Sistema Periodico” per la regia di Massimo Popolizio. Dopo l’accademia studia presso ERT frequentando il corso di Alta Formazione “Pierpaolo Pasolini- Cantiere su Bestia da Stile” condotto da Stanislas Nordey, produzione che debutta a maggio 2023 al teatro Storchi di Modena. In questi anni lavora come attrice sia a teatro che al cinema con la Compagnia dei Masnadieri, la Compagnia Il giardino delle ore, l’Accademia d’Arte drammatica Silvio d’Amico, Silvio Peroni, Alessandra Cardone (cinema), Giorgio Serafini (cinema) e altri.
Lea Paiella, drammaturga
Finalista biennale college autori 2024. Si laurea nel 2021 in “Arti e Scienze dello Spettacolo” presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Nello stesso anno viene selezionata per prendere parte al corso di specializzazione “Teorie e pratiche di nuove forme di scritture teatrali” presso ERT –Emilia-Romagna Teatro. Conclude il percorso con un tirocinio presso la compagnia Ateliersì, diretta da Fiorenza Menni. L’anno seguente, continua il suo percorso formativo presso ERT con il corso di Alta Formazione “Drammaturgie”, tenuto da Linda Dalisi, Fabrizio Sinisi e Angela Demattè. Nel 2022 fonda “Spremuta – Officina di Analisi artistica” un progetti di accompagnamento artistico e drammaturgico. Dal 2023 fa parte della compagnia laforestamuove, con cui realizza la performance interattiva e site specific “Around Robin”.
Recisa
Di: Letizia Pia Cartolaro, Dora Macripò
Drammaturgia di : Letizia Pia Cartolaro, Dora Macripò, Lea Paiella
Con : Letizia Pia Cartolaro, Dora Macripò