DISCO BALL
Barbara Toma
Residenza presso il Polo di Melendugno (Lecce) e Polo di Novoli e Campi Salentina
Una palla da discoteca non è altro che uno specchio rotto in centinaia di piccolissimi pezzettini che, messi insieme, creano una sfera di luce magica. Tu non sei rotta, tu non sei più tu, tu sei una palla da discoteca.
Raccolgo pezzi di storie, accumulo immagini, colleziono idee per mettere in scena una nuova produzione.
La mia urgenza è tornare visibile, tornare viva anche a teatro, luogo che sento casa e dove riesco ad esprimermi meglio. La mia urgenza ha a che fare con la mia rinascita: riconnettermi con me stessa e il mio corpo in scena, affrontare il rischio del confronto con gli spettatori. Invertire la rotta.
Ho urgenza di urlare al mondo che ci sono riuscita: sono morta e rinata, e non era scontato. E se sono rinata io possono farlo anche altre persone.
Questo spettacolo è il mio modo di fermare tutto e scendere dalla giostra su cui mi ritrovo da anni.
In me si intrecciano diverse contraddizioni: donna e lavoratrice precaria, migrante, mamma single, orfana, di estrazione sociale modesta e senza alcuna proprietà oltre al computer, con una famiglia che non è in grado di aiutare, vittima degli effetti del carovita, della pandemia, della crisi climatica e discriminata da una cultura patriarcale e maschilista, ma testardamente indipendente, libera e ora, di nuovo, viva.
Infondo niente di così speciale.
Per questo la mia storia potrebbe essere interessante.
Perché il personale è politico.
E io sono solo una tra tante.
TRAMA DELLO SPETTACOLO
La trama dello spettacolo ruota tutta intorno alle indagini che riguardano il presunto assassinio che ha avuto luogo.
Presunto perché il cadavere non c’è più, è sparito.
Ci sono testimoni che giurano di aver visto il corpo esanime. Altri invece sono convinti che sia tutta una farsa, uno scherzo di cattivo gusto, la solita messa in scena della presunta vittima…
Le voci sono tutte fuori campo: le testimonianze, i commenti di esperti chiamati in causa (criminologo, psicologa, detective, giornalisti), poi ci sono i messaggi vocali, gli ultimi mandati dalla presunta vittima ad amici, colleghi o conoscenti e, infine, le tracce audio da lei registrate sul suo telefonino, come pagine di un diario…
Man mano che l’indagine procede la storia si intreccia con altre storie di donne, anche loro presumibilmente morte e poi sparite.
Muoiono sempre più donne, ma quasi nessuno le vede.
Alla fine si scopre che il cadavere non è sparito perché occultato e nemmeno perché il fatto non sussiste, il delitto c’è stato davvero, ma il corpo è sparito perché è risorto! Sono tutte risorte.
La mia storia di rinascita diventa la storia di rinascita di tutte le donne.
Le donne sono sparite, perché volutamente e costantemente cancellate dalla società per secoli. Sono sparite dai libri di storia, dalle ricerche mediche, dai posti di lavoro, sono sparite sempre più, insieme ai loro diritti.
Sono sparite così tanto da diventare delle cose.
Cose che, all’occasione, possono essere buttate via, come nulla fosse.
Sono sparite così tanto che non fa rumore neanche più il fatto che , solo in Italia, ne venga uccisa una ogni 48 ore dal proprio ‘compagno’.
Assassinate sotto gli occhi di tutti, ma senza che nessuno se ne accorga. Vittime invisibili e silenziose. Quindi inesistenti.
Vittime che, prima di essere state uccise fisicamente, sono state uccise psicologicamente, donne che, molto prima di smettere di respirare, hanno smesso di essere.
Proprio come è successo a me.
Io non ho smesso di respirare, anzi, sono riuscita a tornare viva e visibile.
Questo spettacolo parla della mia rinascita, e quindi della mia morte, per arrivare a parlare della morte e della possibile resurrezione di TUTTE LE DONNE.
Perché io sono Barbara, ma sono anche Giulia, sono la donna che ha dovuto buttare il cadavere del suo bambino in mare, giù dal barcone, sono tutte le donne russe e ucraine, sono tutte le donne iraniane, sono la mamma di Frida e Myrta, ma anche di tutti i bambini del mondo.
La mia storia è indissolubile da quella delle mie antenate, delle mie contemporanee e delle donne che verranno.